La mia faccia allo specchio dà una prospettiva di fughe infinite: riflette altre facce che si rincorrono una dietro l’altra, come se andassero a un appuntamento sempre disatteso con me stesso: quella del filosofo; quella del medico chirurgo; l’altra ancora dell’alchimista, dell’astrologo, dell’artificiere. Tutte sono segnate dall’inquietudine, dallo stesso ombroso accanimento; tutte hanno l’aspetto stralunato e magro di un figlio illegittimo d’Europa, su cui circolano voci d’empietà e sospetti di malefici e di sodomia; tutte moltiplicano gli stessi miei occhi magnetici, accesi d’orgoglio e d’impazienza.
Il segreto è forse nella circolazione del mio sangue, nella pressione dei sentimenti e delle passioni, nella mia carne vulnerata dal desiderio e dalla morte, prigioniera: in questo capillare spirito d’avventura per le scienze umane che può solo dissiparsi lentamente, non essere bruciato. Perché ogni lotta contro la falsità e l’ignoranza è sempre aspra: una febbre, una dissoluzione.



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