Se qualche vostra nipotina sogna un paio di blucìnz e un giro in metró per Parigi, prima di decidere di accompagnarla o di affidarla a qualche lontano zio, forzuto come un gorilla, che di mestiere fa la drag queen, assicuratevi che i pubblici transporci non siano in sciopero. Perché la ragazzina potrebbe improvvisamente assumere l’aria e i panni di una piccola carognetta in fuga per una città irriconoscibile o forse riconoscibilissima, abitata da un esercito di satiri, borseggiatori e vedove, e da esseri dagli strani nomi: ormosessuali, polizioidi, psittacanalisti, lampadofori e fottiballe.
È già accaduto una volta a me, e tutto si è mutato in una capriola, in gioco pirotecnico, estro, giostra cinematografica. Nei sogni che sognano le ombre. In una danza di parole ambiguesatte e senza serietà. Nella vendetta metropolitana di Cappuccetto Rosso.
Del resto, come gracchia il mio pappagallo Laverdure, non sappiamo fare altro che chiacchierare.



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