Sono nato sotto il cielo del Toro. Un albero di uomo, che capisce le mani e legge solo libri usati, perché hanno pagine unte, che pesano di più negli occhi. Porto una geografia del sangue: il Sud, e un malanno d’Argentina. Una guerra, un lutto, una fuga. Ma non faccio sfoggio di storie, mi tengo le ragioni in corpo.
Sono reticente con gli uomini e loquace con le piante. So che anche l’ombra è uno strascico di ruggine. E che il grasso della morte non te lo togli più di dosso. Mastico tagli di formaggio e penso che devo smetterla di perdere persone.
Dalla mia solita sedia alla trattoria vedo nei giovani un dolore d’amare poco. E aspetto che, un giorno, una sciagurata bellezza prenda posto al mio tavolo. E un africano mi legga la cenere e mi restituisca il tempo. Un amore nuovo. Senza giorni prima e senza giorni dopo.
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