Odoro di fritto più di don Ciccio Ingravallo; sono capace di tragediate memorabili, ho lo sguardo presbite dei gelosi e diffido di tutto per mappa genetica; se necessario, so farmi più carogna degli altri.
Sono il primo detective di un’isola che ama la simulazione e l’artificio e si interroga da secoli su quale grandiosa mascherata sia la vita: una quintessenza di sicilianità, come lo erano stati, per le loro terre, Maigret o l’agente Bond, in stretta parentela con le inquietudini iberiche di zio Pepe Carvalho. Il mio è un sedentario lavorio di orecchi e di cervello. Le parole le uso solo quando servono, per dire piccole bugie o imbarazzanti verità, e così le mani.
Quando mi lampa un’idea esclamo «Gesù!» o nitrisco come un cavallo perché ho un assoluto rispetto per l’intuito che precede e salva le cose o indovina i bisogni di un amico. Per il resto ho una morale scontrosa, ma immune dalle seduzioni del potere e dal contagio della burocrazia, e per quanto riguarda l’amore ammetto solo l’eterno fidanzamento a distanza degli adolescenti.
Nei pochi momenti di riposo, siedo su una terrazza a mare di fronte a un piatto di pasta al nero di seppia o al miracolo di una spigola farcita con salsa di zafferano.



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