Che anche Dio fosse monco me lo aveva detto Padre Lourenço, il Volatore. Della sinistra, come Cervantes. Fino allora quella mano lasciata al confine con la Spagna, a soli ventisei anni, mi era parsa la più grave delle perdite. Per il futuro io, Baltasar Mateus detto Sette-Soli, non sarei stato né soldato né contadino e c’erano volute tutte le parole di questo stravagante gesuita e l’amore di una visionaria per convincermi che pure con una sacca di uncini sulle spalle avrei potuto lavorare in un mattatoio o in un cantiere o costruire macchine di vimini e di ferro che sapessero volare. Così, come gli umili di tutte le latitudini, con la mia bocca triste e la barba lunga, ho finito per perdermi anch’io tra i capricci dei potenti, e promesse nuziali sempre ostacolate, e tribunali dell’Inquisizione, epidemie, proteste per il pane. Il segreto è solo nel chiuso delle volontà. Non serve dormire dal lato del braccio sano per sentirsi interi: non è che un trucco dei sensi, perché la Storia, a cominciare proprio da Dio, è nata storta e iniqua, sotto il segno della mancanza.
A me, invece, mi chiamavano Sette-Lune. Avevo i capelli rossomiele e gli occhi che prendevano la luce di dentro e quella di fuori: grigi, verdi, neri, del colore dell’acqua d’un pozzo o della terra appena smossa o del cielo sopra Lisbona. Ma vedere per me era la più grande delle tristezze. Se restavo digiuna, la realtà mi si mostrava nuda, una trasparenza spietata d’argille, di nuvole chiuse e d’infezioni. Perché io potevo guardare dentro le cose, negli uomini, sotto la sabbia. E non c’è visione peggiore delle verità custodite all’interno dei corpi. Per questo mangiavo un pezzo di pane ogni mattina. E me ne andavo scalza, come una strega, per tutto il Portogallo, in cerca del mio uomo, mentre intorno a me cadevano uccellacci, si alzavano basiliche e bruciavano auto da fé.



Scrivi il nome dell'autore del personaggio:

   
  1. HOME