Qualcuno mi conosce come Henry Chinaski. Altri come Charles. Altri solo per il cognome, quello vero. Ma come mi chiamo non importa. Basta andare all’ippodromo di Los Angeles e cercare di uno che viene tutti i giorni a puntare qualche dollaro sui cavalli e a vedere quale circo senza allegria sta diventando il mondo. Un modo come un altro per ammazzare la giornata.
Per la notte mi è sufficiente sintonizzarmi su una stazione di musica classica, riempirmi un bicchiere e mettermi a scrivere. Per me è come pattinare sul ghiaccio. Le parole mi ballano davanti e questo mi fa sentire ancora vivo. Altrimenti è peggio della morte, di quella morte che continuo a maledire, per quanto per molti non sia che una formalità.
Perché la cosa terribile non è la morte, ma le vite che la gente vive o non vive fino alla morte.
Se vi interessa, vi posso raccontare di quando lavoravo alle poste, e cambiavo case, e cambiavo donne… ma parlare non mi piace troppo. Meglio le corse, anche se la mia voce non è mai stata come adesso. Così vera che vi farà male ascoltarla.
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