Dicono che io sappia parlare otto lingue, che sia un genio della finanza, che abbia una laurea in medicina e una in legge, che sedici paesi indaghino sul mio conto, che sia il primo consigliere del presidente e il prossimo candidato alla Casa Bianca. Sia le donne che gli uomini mi trovano irresistibile, piaccio anche all’ambasciatore russo e se vado ospite in una trasmissione pubblica l’indice di ascolto è altissimo.
In realtà, non possiedo né passaporto né carta di credito. Non so leggere né scrivere. Non sono mai stato in un ospedale e non ho mai ricevuto denaro. Mai messo piede in un ascensore. Non ho nessun passato, e neppure la nazionalità americana.
Sono nato per caso, come dice il mio nome, da una mentecatta, l’ho sentita indicare così una volta, e sono cresciuto tra rose e tulipani, al chiuso di un giardino, insieme a una cameriera di colore, badando solo alle aiuole di un Vecchio, finché questo è vissuto. Sempre per caso, la prima volta che sono uscito per strada mi ha investito l’automobile della moglie di un magnate che ha voluto poi introdurmi nelle sfere dell’alta politica. Né la cia, né l’fbi, né il kgb hanno distrutto il mio fascicolo personale semplicemente perché questo fascicolo non esiste.
Tutto quello che so, del mondo, l’ho appreso dalla radio prima, e poi dalla televisione. Come ci si solleva il cappello, o si stringe una mano, o si fa yoga. Mi sono sempre percepito come un’immagine televisiva e posso simulare ogni comportamento. Guardare mi piace, e mi piace ripetere le parole degli altri. Toccare con gli occhi. Dicono che il mio candore smascheri il vuoto della comunicazione, metta in ridicolo il potere e si prenda pure gioco della caducità umana. Ma io non so cosa significa tutto questo. Sono un povero di spirito, una pagina bianca. Quando ho fame chiedo di mangiare, soffro per gli alberi malati e cambio canale per cambiare me stesso.
Forse ho il cervello pieno di segatura, ma quando attraverso la bruttezza delle vostre città e l’imperfezione dei vostri rapporti, con il vestito inamidato, e i guanti, e l’ombrello, e un telecomando a distanza in tasca, un involontario senso di leggerezza mi allontana un poco dalla mia impotenza di vivere, cancella il pensiero della morte, mi contagia un’irragionevole libertà e un principio d’amore, come se davvero camminassi sull’acqua.
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