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Indosso un cappotto militare senza bottoni, ho il naso camuso, gli zigomi angolosi, la barba fulva e una bisaccia di versi sulle spalle. Se non fosse per un intimo riflesso e per il calore che emano non sarei neppure bello, un intellettuale inavvertito e sobrio che nessuno noterebbe, un medico timido, dalla volontà malata, che guarda attraverso le cose e si commuove.
Ma quando sorrido lo faccio con tutto il viso, e mi piace starmene con un gomito sul davanzale ad ascoltare il profumo dei tigli e dei ciliegi selvatici che viene dai boschi e l’eco delle tormente passate e di quelle in arrivo. E il gemito dei treni, di quest’intreccio di incontri predestinati, di tempi sbagliati, di velocità dispari. Il tema di Lara che si accende e si spegne tra la guerra, e la rivoluzione, e gli ospedali. E il gelo dell’inverno e delle separazioni. L’etimologia della vita. Le emorragie del cuore.



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